Oggi Rita Levi-Montalcini compie 100 anni.
I migliori auguri alla grande donna della ricerca italiana, tuttora pienamente impegnata. Una donna che ho sempre ammirato, per la sua forza (quasi irreale), la sua tenacia e la sua determinazione. Si pensi che è stata insignita di un Nobel per la medicina nel 1986, è Senatrice a vita ed è responsabile di una fondazione per far studiare le giovani africane, oltre ad aver pubblicato numerosi libri e ricevuto diversi riconoscimenti.
Di famiglia ebrea, con le leggi razziali del 1938, si deve trasferire a Bruxelles per un periodo e poi di nuovo in Italia, nascosta. E’ vicino ad Asti, che cominciano quegli esperimenti, che la porteranno, nel 1951, alla scoperta del NGF (Nerve Growth Factor) per il quale riceverà il Nobel. Ha ricevuto numerose lauree ad honorem e riconoscimenti mondiali.
Una donna che “è sempre bastata a se stessa”, come racconta ad Aldo Cazzullo (Corriere della sera 12-04-09): «Ero ancora adolescente quando decisi che non mi sarei sposata. Dissi a me stessa che non avrei mai obbedito ad un uomo come mia madre obbediva a mio padre. Eravamo una famiglia vittoriana. Mamma dipendeva dalle decisioni che venivano da mio padre».
Alla domanda di Luca Giordano (La solitudine dei numeri primi, Mondadori 2008) se la situazione delle ricercatrici sia ancora quella rovinosa degli anni ‘80 essa risponde: «Dall’epoca di Ipazia (IV sec. d.C.) ad oggi si è detto che il maschio è geneticamente superiore alla donna nelle scienza, ma non è così. Geneticamente uomo e donna sono identici. Non lo sono dal punto di vista epigenetico, di formazione cioè, perché lo sviluppo della donna è stato volontariamente bloccato. … Ora la situazione è migliorata. Non come vorrei, ma è migliorata. Però solo in quella parte di mondo che possiamo considerare civilizzata. In Africa ci sono migliaia di donne intelligenti che non hanno la possibilità di usare il cervello. Ecco perché con la Fondazione Rita Levi Montalcini il mio impegno in Africa è sull’istruzione. … A vent’anni volevo andare in Africa a curare la lebbra, ci sono andata da vecchia, ma per curare l’analfabetismo, che è molto più grave della lebbra» (Wired n.1).
[Riferendosi a Francesco Storace] “Mi rivolgo a chi ha lanciato l'idea di farmi pervenire le stampelle per sostenere la mia "deambulazione" e quella dell'attuale Governo, per precisare che non vi è alcun bisogno. …A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse "facoltà", mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria”. (dalla lettera a la Repubblica, Le stampelle di storace ricordano il regime, 10 ottobre 2007)
“A me nella vita è riuscito tutto facile. Le difficoltà me le sono scrollate di dosso, come acqua sulle ali di un'anatra. Ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente. (dall'intervista di Paolo Giordano, Wired, n.1, marzo 2009).
Alla cerimonia organizzata per i suoi 100 anni dall’Istituto Superiore di Sanità, ha aperto così il suo discorso : «Sono profondamente commossa di essere arrivata a 100 anni dopo una vita vissuta con una gioia che, penso, ben pochi hanno avuto, … non ho paura della morte, per me non conta quando arriverà, potrebbe essere domani…nei miei ricordi non c’è posto per rimpianti o rammarichi…per fortuna non ho l’Alzheimer o almeno, se non mi illudo, posso dire che oggi le mie capacità mentali sono maggiori di quelle che erano a 20 anni perché sono state arricchite da tante esperienze…»
Auguri!!!
Di famiglia ebrea, con le leggi razziali del 1938, si deve trasferire a Bruxelles per un periodo e poi di nuovo in Italia, nascosta. E’ vicino ad Asti, che cominciano quegli esperimenti, che la porteranno, nel 1951, alla scoperta del NGF (Nerve Growth Factor) per il quale riceverà il Nobel. Ha ricevuto numerose lauree ad honorem e riconoscimenti mondiali.
Una donna che “è sempre bastata a se stessa”, come racconta ad Aldo Cazzullo (Corriere della sera 12-04-09): «Ero ancora adolescente quando decisi che non mi sarei sposata. Dissi a me stessa che non avrei mai obbedito ad un uomo come mia madre obbediva a mio padre. Eravamo una famiglia vittoriana. Mamma dipendeva dalle decisioni che venivano da mio padre».
Alla domanda di Luca Giordano (La solitudine dei numeri primi, Mondadori 2008) se la situazione delle ricercatrici sia ancora quella rovinosa degli anni ‘80 essa risponde: «Dall’epoca di Ipazia (IV sec. d.C.) ad oggi si è detto che il maschio è geneticamente superiore alla donna nelle scienza, ma non è così. Geneticamente uomo e donna sono identici. Non lo sono dal punto di vista epigenetico, di formazione cioè, perché lo sviluppo della donna è stato volontariamente bloccato. … Ora la situazione è migliorata. Non come vorrei, ma è migliorata. Però solo in quella parte di mondo che possiamo considerare civilizzata. In Africa ci sono migliaia di donne intelligenti che non hanno la possibilità di usare il cervello. Ecco perché con la Fondazione Rita Levi Montalcini il mio impegno in Africa è sull’istruzione. … A vent’anni volevo andare in Africa a curare la lebbra, ci sono andata da vecchia, ma per curare l’analfabetismo, che è molto più grave della lebbra» (Wired n.1).
[Riferendosi a Francesco Storace] “Mi rivolgo a chi ha lanciato l'idea di farmi pervenire le stampelle per sostenere la mia "deambulazione" e quella dell'attuale Governo, per precisare che non vi è alcun bisogno. …A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse "facoltà", mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria”. (dalla lettera a la Repubblica, Le stampelle di storace ricordano il regime, 10 ottobre 2007)
“A me nella vita è riuscito tutto facile. Le difficoltà me le sono scrollate di dosso, come acqua sulle ali di un'anatra. Ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente. (dall'intervista di Paolo Giordano, Wired, n.1, marzo 2009).
Alla cerimonia organizzata per i suoi 100 anni dall’Istituto Superiore di Sanità, ha aperto così il suo discorso : «Sono profondamente commossa di essere arrivata a 100 anni dopo una vita vissuta con una gioia che, penso, ben pochi hanno avuto, … non ho paura della morte, per me non conta quando arriverà, potrebbe essere domani…nei miei ricordi non c’è posto per rimpianti o rammarichi…per fortuna non ho l’Alzheimer o almeno, se non mi illudo, posso dire che oggi le mie capacità mentali sono maggiori di quelle che erano a 20 anni perché sono state arricchite da tante esperienze…»
Auguri!!!